HomeMercatiMacchine agricole e dazi: un’Ue “ragionevolmente” unita e la ricerca di nuovi mercati per arginare il tycoon Macchine agricole e dazi: un’Ue “ragionevolmente” unita e la ricerca di nuovi mercati per arginare il tycoon Mercati 03/04/2025 - meccagri Non poteva esserci argomento di maggior attualità di quello scelto da FederUnacoma per il suo Think Tank 2025 sul tema “Rinnovare l’impresa: strategie e strumenti per le sfide del mercato”, dedicato in larga parte alla strategia – che, oggi, dopo l’annuncio fatto da Trump nel Liberation Day, possiamo definire “adottata”, ma che nella data di svolgimento dell’evento, lo scorso 27 marzo. era solo “prospettata” – messa in atto dal governo statunitense con l’obiettivo di disincentivare le importazioni dall’estero attraverso un regime di pesanti dazi. L'”OSSESSIONE CINESE” DIETRO ALL’AUTARCHIA DI TRUMP Perfettamente all’altezza del compito affidatogli di far luce sulle reali motivazioni che hanno spinto il presidente americano ad attuare quello che fino al giorno della verità molti pensavano fosse solo un grande bluff, Federico Fubini (nella foto sopra), vicedirettore ed editorialista del Corriere della Sera, ha cercato di sgombrare il terreno da false convinzioni che lo stesso tycoon ha alimentato. A dar vita al sogno autarchico di Trump, più che la volontà di ridare dignità e buoni posti di lavoro all’«uomo dimenticato», l’americano medio umiliato dalle delocalizzazioni verso la Cina, ci sarebbe infatti l’esigenza di riportare negli Stati Uniti di riportare alcune produzioni industriali strategiche, come quelle del settore automobilistico, farmaceutico, dell’acciaio e del rame, per poter sostenere la rivalità con la Cina. È risaputo del resto, ha fatto presente Fubini, che oggi gran parte della produzione industriale, dei mezzi più strategici avviene in Cina. Basti dire che il Paese del Dragone ha una capacità di produzione nell’automotive – 120 milioni di unità all’anno – superiore alla domanda mondiale, che in Cina viene fabbricato metà di tutto l’arsenale navale commerciale in circolazione e via dicendo. In poche parole, la Cina è il campione mondiale dell’industria, con una quota del 30-35%, e questo predominio preoccupa non poco Trump, anche e soprattutto nella prospettiva di un conflitto armato. LA STRATEGIA: SPINGERE I PAESI TERZI A FINANZIARE IL DEBUTO PUBBLICO, AUTENTICO TALLONE D’ACHILLE, DELL’ECONOMIA STATUNITENSE Ma c’è di più, dietro la sfrontatezza con la quale persegue il dissolvimento del “collective West” applicando dazi punitivi, Trump si sforza di nascondere quello che rappresenta il “tallone d’Achille” dell’economia statunitense: l’enorme e crescente deficit pubblico, che obbliga gli USA a trovare ogni anno compratori di titoli del Tesoro per almeno duemila miliardi di dollari in più rispetto all’anno precedente. Come sintetizzato da Fubini, i dazi non sarebbero altro che un tentativo di intimidire gli alleati per portarli a coprire i buchi di bilancio di Washington. Un deficit oltremodo pesante, se si pensa che ogni 10 dollari creati dalla crescita mondiale almeno 5-6 dovrebbero andare a finanziare il debito americano. UNA SITUAZIONE RIBALTATA CON LA RIVOLUZIONE DIGITALE Ed è proprio qui che la strategia di Trump finisce per mostrare il fianco: la liberazione degli Stati Uniti dai condizionamenti economici del resto del mondo appare di difficilissima attuazione per un Paese che del resto del mondo ha assoluto bisogno per finanziare se stesso. Il tutto anche alla luce del fatto che, come evidenziato dallo stesso Fubini, grazie alla rivoluzione digitale gli USA fatturano nella zona euro più di quanto quest’ultima fatturi negli Stato Uniti. Una voce per tutte: il pagamento da parte degli europei alle Big Tech californiane di diritti per l’uso di proprietà intellettuali (si pensi alle ingenti somme che quotidianamente finiscono nella casse di Netflix, di Chat Gpt, di Microsoft, di Meta e via dicendo), balzato da 25 miliardi di euro nel 2018 a 155 miliardi di euro nel 2023. OGGI PIÙ CHE MAI OCCORRE UN’EUROPA UNITA, PRONTA A DIFENDERSI Sulla base di questa considerazioni, quello che fino a poco tempo fa poteva sembrare un paradosso comincia a prendere forma e proprio la “folle” politica di Trump potrebbe portare oggi l’Europa a una maggiore coesione. «L’imposizione dei dazi è uno shock che siamo in grado di gestire ma non dobbiamo commettere l’errore di pensare che possiamo fare a meno dell’Europa – ha ribadito Fubini –. Oggi più che mai abbiamo bisogno di un’Europa che, spinta dalla ragionevolezza e in grado di convincere i singoli Stati a lavorare insieme, sappia far valere il proprio peso economico sugli USA». L’ESIGENZA DI DIVERSIFICARE I MERCATI DI ESPORTAZIONE Come ha fatto presente la presidente di FederUnacoma Mariateresa Maschio (nella foto sopra) in apertura del Think Tank, «il settore agromeccanico da sempre accompagna la crescita e il potenziamento dell’economia agricola. Attraverso la ricerca e l’innovazione i costruttori hanno realizzato macchinari sempre più evoluti, in grado di ottimizzare le lavorazioni agricole riducendo gli input e migliorando la sostenibilità delle lavorazioni. Oggi ci troviamo ad affrontare sfide ancora più complesse, perché l’agricoltura esprime fabbisogni tecnologici avanzati che impongono alle aziende investimenti significativi a fronte di uno scenario caratterizzato da una forte instabilità». Una fase di estrema incertezza che viene ulteriormente accentuata dai dazi imposti da Trump e che impone alle aziende italiane, e più in generale europee, di diversificare le proprie strategie commerciali, cercando nuovi mercati per compensare eventuali cali in quelli tradizionali. Come è stato ricordato nel corso del Think Tank, l’export italiano verso la Germania ha perso 56 miliardi di euro nel giro di un paio di anni ma il calo è stato recuperato incrementando i guadagni in altri Paesi. Ed è esattamente quello che bisogna cercare di fare nell’attuale turbolenza. GLI EFFETTI DEI NUOVI TREND DI CONSUMO SULLA FILIERA AGROINDUSTRIALE Qualche spunto in questa direzione l’ha offerto l’intervento al Think Tank di Stefano Galli (nella foto sopra), global business partner di NielsenIQ, che ha analizzato i trend di mercato di lungo periodo relativamente alle filiere agroindustriali. «Le più recenti proiezioni indicano che entro il 2032 l’Asia rappresenterà la metà della spesa privata mondiale. Lo spostamento dei consumi verso est – ha affermato Gallo – è dovuto alla crescita demografica del continente e all’espansione della classe media che vede aumentare il proprio reddito». Secondo l’analisi Nielsen, questa maggiore capacità di spesa sarà orientata anche verso i prodotti alimentari di qualità elevata, secondo una linea di tendenza già consolidata nelle economie più avanzate. Tuttavia, la qualità non è l’unico driver che guida i comportamenti d’acquisto dei consumatori che, come indica l’analisi Nielsen, denotano una crescente sensibilità della sostenibilità ambientale e della sostenibilità economica e sociale. © riproduzione riservata Fonte immagini: FederUnacoma e Meccagri. FederUnacoma