Agricoltori sul piede di guerra non solo nel Vecchio Continente, dove di recente abbiamo assistito alla ribellione in massa dei farmer olandesi, scesi per le strade con i loro trattori che la polizia ha cercato di fermare sparando, ma anche nell’altro emisfero, a testimonianza di una rivolta del comparto agricolo ormai trasversale.
In Argentina, lo scorso 13 luglio, a qualche mese di distanza dall’ultima grande protesta antigovernativa di settore, gli agricoltori hanno scelto nuovamente la via della mobilitazione di massa paralizzando la commercializzazione di cereali, semi oleosi e bovini per 24 ore.
Lo sciopero è stato indetto dalle principali associazioni dei produttori agricoli contro la carenza di carburante e di fertilizzanti e contro la recente decisione del Governo di restringere ulteriormente l’accesso alla valuta estera per le importazioni.
LA CARENZA DI CARBURANTE E FERTILIZZANTI ALLA BASE DELLA PROTESTA MA ANCHE L’INFLAZIONE GALOPPANTE FA SENTIRE IL SUO PESO
Se da un lato l’Argentina, essendo, com’è noto, uno dei principali esportatori di olio e farina di semi di soia e uno dei più importanti produttori alimentari al mondo, ha beneficiato dell’aumento dei prezzi dei cereali e dei semi oleosi a seguito del conflitto tra Ucraina e Russia, si è trovata dall’altro a dover fare i conti con il forte aumento dei costi dei fertilizzanti – visto che il Paese importa il 60% dei fertilizzanti che utilizza e di quella percentuale il 15% era di provenienza russa – e con la carenza di carburante, particolarmente critica in quest’ultimo periodo che coincide con la stagione dei raccolti e con la fase più importante della vendemmia.
Ad esacerbare la crisi, infine, c’è l’inflazione, che nei primi cinque mesi dell’anno si è avvicinata al 30% e che, stando agli economisti, entro dicembre potrebbe raggiungere l’80%.
«È urgente ripristinare l’accesso al diesel e ai fertilizzanti per evitare una paralisi totale del sistema produttivo», si legge nel comunicato diffuso da Confederación Intercooperativa Agropecuaria (Coninagro), Confederaciones Rurales Argentinas (CRA), Federación Agraria Argentina (FAA) e Sociedad Rural Argentina (SRA).
I leader della protesta criticano in particolare l’eccessivo intervento del Governo sul mercato attraverso quote di esportazione di grano e carne finalizzate ad aumentare l’offerta interna e quindi abbassare i prezzi, tasse sulle vendite per gli acquisti internazionali, nonché rigide restrizioni su tutte le importazioni per contenere i costi. Oltre a ciò fanno anche rimarcare il grande divario che esiste tra il cambio ufficiale della valuta argentina intorno ai 135 pesos per dollaro rispetto ai prezzi, quasi raddoppiati, del mercato nero e delle obbligazioni.
L’AGRICOLTURA LA PRINCIPALE FONTE DI VALUTA ESTERA PER IL PAESE MA MANCANO POLITICHE PER IL SETTORE
«Siamo consapevoli delle difficoltà che stanno attraversando gli argentini ma vogliamo contribuire a preservare la democrazia e a fare in modo che la classe politica dia la risposta di cui ha bisogno il nostro popolo», ha dichiarato in una conferenza stampa il presidente di FAA, Carlos Achetoni.
«Questo è un grido di disperazione – ha affermato a sua volta Jorge Chemes, presidente di CRA –. Non solo per la pressione fiscale, ma anche per la pressione che avvertiamo causa della mancanza di politiche».
«Non abbiamo ancora visto una sola politica pubblica per il settore – gli ha fatto eco Nicolás Pino, presidente di SRA – eppure in Argentina sei dollari su dieci che entrano nel Paese per le esportazioni provengono dalle campagne. Siamo parte della soluzione ai problemi del Paese».
Sulla stessa linea anche il vicepresidente di Coninagro, Elbio Laucirica, che ha assicurato: «Siamo convinti che questo settore sia parte della soluzione e della via d’uscita all’attuale crisi, ma concretizzare questa premessa richiede decisioni che deve prendere il Governo e che sono legate alla necessità di prevedibilità e fiducia per svolgere ciò che sappiamo fare, avere una maggiore produzione e generare, insieme alla catena del valore, più valuta estera e più lavoro, con posti di lavoro autentici che diano dignità al lavoratore».
«COMPARTO AGRICOLO IN CRESCITA, CON VENDITE DI MACCHINE IN AUMENTO», LA RISPOSTA DEL GOVERNO
Alla protesta hanno aderito centinaia di contadini, produttori e operatori del settore che si recati in massa nei diversi punti di incontro nel Paese fissati dalla manifestazione, in particolare nella provincia orientale di Entre Ríos chiedendo tagli alle tasse, forniture di carburante per tornare alla normalità dopo la carenza, politiche migliori per rilanciare il settore agricolo.
Lo sciopero degli agricoltori, com’era prevedibile, è stato fortemente criticato dal Governo che lo ha bollato come un’iniziativa politica. In particolare il ministro dell’Agricoltura, Julián Domínguez, ha affermato che «le forniture di diesel, prodotti fitosanitari e fertilizzanti vengono garantite e che il settore agricolo è in crescita, come dimostrano le incrementate vendite di macchine agricole».
NON SOLO OMBRE NEL FUTURO DEL PAESE
Rimane però il fatto che l’ennesimo sciopero degli agricoltori ha inferto un ulteriore colpo alla compagine governativa del peronista moderato Alberto Fernández, alle prese, oltre che con un’inflazione fuori controllo, con lacerazioni interne come quella che ha portato alle dimissioni del ministro dell’Economia Martín Guzmán, ritenuto colpevole di una politica fiscale troppo restrittiva, puntando ad ottenere maggiore spesa pubblica, prontamente sostituito da Silvina Batakis, seconda donna a ricoprire questo ruolo nella storia argentina e già ministra dell’Economia della Provincia di Buenos Aires, la più popolosa del Paese, tra il 2011 e il 2015.
Cosa accadrà nei prossimi mesi è difficile prevederlo e in molti fanno notare che da qui alle nuove elezioni presidenziali fissate per ottobre 2023 molte cose possono ancora cambiare. D’altra parte, sostengono gli analisti dell’Istituto per gli Studi di Politica Internazionale (Ispi), instabilità politica e volatilità economica sono due caratteristiche costanti nella storia che ha caratterizzato l’Argentina negli ultimi decenni. Rispetto però al passato questo volta giova a favore del Paese sudamericano la recente congiuntura internazionale, e in particolare il conflitto in atto tra Russia e Ucraina, che potrebbe agevolare la ripresa economica di Buenos Aires, tra i principali produttori mondiali di commodities agricole.
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Fonte immagini: Federación Agraria Argentina Twitter.