L’internazionalizzazione a sostegno dell’innovazione ha rappresentato fin dalle origini uno dei principali motori dello sviluppo di BCS, nata agli inizi degli anni ’40 come piccola officina meccanica in quel di Abbiategrasso, alle porte di Milano, e assurta nel corso degli anni al ruolo di multinazionale specializzata nel settore della meccanizzazione agricola con tre marchi che hanno scritto la storia dell’agricoltura italiana – BCS, Ferrari e Pasquali – e in quello industriale con il marchio Mosa, forte di tre stabilimenti produttivi in Italia, di sei filiali tra Europa, India e Cina nonché di una capillare rete di distribuzione che copre oltre cento Paesi.
Ed è proprio da questa indiscussa vocazione all’export – grazie alla quale, come si legge nel Company Profile dell’azienda, il Gruppo BCS ha consolidato la propria posizione di leader nei Paesi in cui ha maturato maggior esperienza e ha ampliato la propria presenza nei Paesi in via di sviluppo, quelli con maggiori esigenze di tecnologia e meccanizzazione – che prende le mosse la nostra intervista a Giulia Castoldi (nella foto sopra), Marketing Manager di BCS Group.
Come più volte evidenziato dalla stessa FederUnacoma, per effetto anche delle grandi crisi geopolitiche, la geografia dei mercati sta subendo in questi ultimi anni profondi cambiamenti che impongono alle aziende costruttrici di esplorare, in alternativa ai mercati maturi del Vecchio Continente e in parte anche degli Stati Uniti, aree emergenti dalle crescenti potenzialità. Alla luce dell’esperienza fatta dal Gruppo BCS, in quali parti del mondo si ravvisano le maggiori opportunità per l’agromeccanica “made in Italy”, a livello di singole nazioni o macroaree?
«Fermo restando il fatto che, a mio avviso, i mercati definiti emergenti non andranno in alcun modo a sostituire, ma semmai a integrare, i risultati fin qui ottenuti nei mercati maturi che continueranno comunque ad avere un peso determinante nella composizione dei nostri fatturati, le maggiori opportunità di crescita le vediamo al momento nei paesi africani. Qui, principalmente nella fascia del Nord Africa ma anche in altri paesi del continente, i nostri prodotti hanno mostrato di saper soddisfare le esigenze degli agricoltori locali sia per la loro tipologia sia per l’elevata affidabilità che, abbinata alla qualità dei nostri macchinari ci ha permesso fino a oggi di far fronte alla concorrenza delle attrezzature made in China, sicuramente più competitive sul fronte del prezzo ma che meno si prestano all’uso intensivo praticato in quei territori, ben superiore peraltro a quello di un cliente europeo».
I piani di espansione delle imprese in Africa finiscono però spesso con lo scontrarsi, oltre che con situazioni di instabilità politica, con rischi di tipo finanziario. Non è così?
«Esattamente. Direi che gli aspetti finanziari rappresentano l’unico vero grande ostacolo all’espansione nei paesi africani. Con riferimento alla nostra esperienza, ci sono alcuni paesi dove già godiamo di una presenza consolidata che però potremmo incrementare ulteriormente laddove disponessimo di strumenti finanziari adeguati e altri, mi riferisco ad esempio a Tanzania, Etiopia, Nigeria e Kenya, dove il potenziale è elevato e saremmo pronti ad avviare l’attività commerciale ma ci frena proprio la mancanza di finanziamenti agevolati e misure di sostegno.
Basti dire che spesso le agenzie di assicurazione dei crediti all’esportazione non prevedono copertura assicurative per questi paesi, ed è capitato inoltre che le stesse banche europee non confermino le lettere di credito delle banche africane. Per ovviare a questa situazione ci servirebbe un supporto a livello di istituzioni, di sistema bancario europeo perché è risaputo che l’Africa rappresenta uno dei target di riferimento per larga parte dell’imprenditoria di settore, considerato il ruolo determinante che l’agromeccanica è chiamata a svolgere in vista di un miglioramento della sicurezza e della nutrizione alimentare, promuovendo l’autosufficienza e la sostenibilità del continente».
Oltre all’Africa, quali sono i Paesi dove il vostro export si prospetta in crescita?
«Al primo posto metterei l’India. Siamo presenti in loco dal 2004 con una filiale sia commerciale che produttiva di modelli destinati al mercato domestico, e in questi vent’anni abbiamo visto crescere progressivamente il peso del marchio BCS anche nei Paesi limitrofi. Il trend di questi ultimi anni ha confermato che si tratta di un’area strategica nella quale prevediamo un’ulteriore crescita.
Stiamo ottenendo buoni risultati anche in Brasile, favoriti dalla presenza nel Sud del Paese di vigneti con caratteristiche pedologiche e ambientali molto simili a quelle europee che fanno dei nostri trattori dei mezzi iperspecialistici di largo impiego. Altro esempio molto interessante è quello della Turchia che si sta confermando per noi un mercato dalle grandi potenzialità. Di recente ho partecipato a una fiera nel sud-est del paese dove trova largo spazio la coltivazione del pistacchio, in piantagioni a perdita d’occhio, al cui interno i nostri specializzati si trovano perfettamente a loro agio».
Tornando all’Africa e alle sue problematiche, il Forum dedicato al continente africano nel corso del recente G7 Agricoltura a Siracusa ha acceso i riflettori sulla meccanizzazione agricola, intesa come valido strumento per incrementare la produttività agricola ed eliminare la fame e la malnutrizione. Ma le popolazioni locali, abituate ad attrezzature manuali, come possono prendere dimestichezza con le moderne tecnologie agricole?
«Innanzitutto è fondamentale individuare dei macchinari che non solo siano adatti alle coltivazioni maggiormente diffuse nel paese e al lavoro che sono chiamati a svolgere ma che risultino anche semplici da utilizzare e di facile manutenzione. In aggiunta a questi requisiti reputo inoltre fondamentale la presenza sul territorio di un partner che disponga di una formazione ad hoc e che si impegni ad avere un adeguato stock di ricambi».
L’esigenza di macchine di facile impiego da parte di operatori poco avvezzi all’uso delle tecnologie accende i riflettori sul motocoltivatore, uno dei fiori all’occhiello di BCS, che si presta per la sua versatilità a essere declinato in più modelli, da quelli superprofessionali a quelli entry level, dove appunto la semplicità d’utilizzo è l’elemento caratterizzante. Qual è stata l’accoglienza da parte degli agricoltori africani e come avete cercato di risolvere i due aspetti della formazione e della disponibilità di ricambi?
«Quando facciamo ingresso nel mercato di un paese africano, ma è un approccio che riteniamo valido per qualsiasi mercato, non scegliamo mai la strada della vendita diretta ma preferiamo appoggiarci a un dealer del posto. Con il suo supporto cerchiamo di individuare la macchina meglio rispondente ai fabbisogni dell’utenza locale e in questo ci facilita il fatto di disporre, sia per i trattori sia per i monoassi, di due linee di prodotto che viaggiano parallele su mercati differenti, una più evoluta e una più semplice, e al tempo stesso più economica, dove prevalgono i componenti meccanici e se l’elettronica è presente lo è in maniera poco invasiva.
Una volta scelta la macchina “giusta”, passiamo ad occuparci della formazione, che prevede in una fase iniziale la presenza in loco di tecnici di BCS ai quali è affidato il compito di fornire al dealer o all’importatore le informazioni tecniche che dovranno essere poi trasferite agli agricoltori.
La disponibilità di ricambi da parte del venditore locale è una condizione dalla quale non si può prescindere e che ci riporta alle problematiche di tipo finanziario alle quali accennavo prima, dal momento che le società di distribuzione locali nella maggior parte dei casi non sono in grado di pagare anticipatamente».
Dall’Africa ci spostiamo in Sud America e in particolare in Perù. Può raccontarci qualcosa dell’esperienza fatta in quel Paese insieme a Iscos Lombardia?
«È stata una bellissima esperienza grazie alla quale abbiamo avuto l’opportunità di conoscere delle persone fantastiche. Tramite Cisl, siamo entrati in contatto con Iscos Lombardia, organismo di solidarietà e cooperazione internazionale che da diversi anni è attivo in Perù, a Pucayacu, con un progetto denominato “Latte fonte di vita” che ha aiutato i ragazzi impegnati in una piccola azienda agricola sulle Ande dapprima a realizzare una stalla per l’allevamento bovino e poi a specializzarsi nella produzione di un formaggio stagionato simile al Grana per il quale è stato successivamente depositato il marchio di Gran Andino.
Un progetto davvero ammirevole al quale BCS ha contribuito fornendo un trattore di gamma alta e una falciacondizionatrice (nella foto sopra) per aiutare i ragazzi nel loro lavoro quotidiano. E siamo davvero felici di aver fornito il nostro supporto a quello che ritengo un bellissimo esempio di collaborazione tra settore no-profit e imprenditoria»
BCS è solita partecipare alle collettive e agli incontri B2B organizzati da Agenzia ICE in collaborazione con FederUnacoma in occasione delle principali fiere estere dedicate alle macchine agricole. Come giudicate questo tipo di attività e che riscontri avete ottenuto?
«Ormai da diverso tempo ci appoggiamo a Agenzia ICE e FederUnacoma soprattutto per quanto riguarda l’organizzazione di incontri B2B con le imprese del nostro settore nei diversi Paesi esteri e devo dire che stanno facendo un ottimo lavoro, fornendoci un supporto per noi estremamente importante in quanto gli operatori vengono preventivamente selezionati e pertanto ci troviamo a parlare con persone del settore, con le quali esiste veramente del potenziale per fare business insieme.
Abbiamo partecipato anche a delle collettive organizzate da Agenzia ICE e FederUnacoma in occasione di importanti rassegne internazionali del settore meccanico-agricolo e anche in questo caso si è trattato di un valido aiuto per esplorare nuovi mercati.».
Passando a parlare di prodotti, all’ultima edizione di EIMA BCS ha voluto dare largo spazio all’elettrico, sia con la presentazione del trattore e-Astral in livrea verde Ferrari, che ha fatto seguito al debutto dell’isodiametrico 100% elettrico BCS e-Valiant a inizio 2024, sia con il lancio del primo prototipo di motocoltivatore 100 % elettrico, che tra l’altro a EIMA ha ottenuto il riconoscimento di Novità Tecnica. Come definirebbe l’approccio del Gruppo all’elettrico e quali sono le Vostre aspettative in merito?

e-ASTRAL con Wall Box
«La sostenibilità intesa sia come sostenibilità sociale sia come sostenibilità ambientale è da tempo un tema che sta particolarmente a cuore a BCS e l’esserci incamminati su questo percorso di ricerca di soluzioni alternative all’impiego del combustibile fossile ci ha portati a identificare l’elettrico come la soluzione più adatta a noi. Queste valutazioni e gli ottimi riscontri ottenuti con i primi modelli presentati, ci hanno incoraggiati a proseguire con l’ampliamento della gamma. Va da sé che si tratta di un prodotto di nicchia. L’aspetto interessante è che l’elettrico, grazie alla riduzione dell’impatto ambientale a cui è associato, è servito ad aprirci nuovi mercati che fino ad oggi non avevamo preso in considerazione.

Motocoltivatore BCS 100% elettrico
Lo stesso discorso vale per il nostro prototipo di motocoltivatore 100% elettrico, insignito a EIMA del premio Novità Tecnica che è per noi motivo di grande orgoglio. Nutriamo particolare fiducia in questo prodotto e stiamo già lavorando sui suoi sviluppi fermamente convinti dei vantaggi che una macchina a zero emissioni e con un livello di rumore prossimo allo zero può offrire all’operatore favorendone l’impiego in contesti ed attività, come quelle municipali, dove il motore endotermico incontra sempre maggiori ostacoli. Certo, considerando l’elevata incidenza che i costi delle batterie hanno sul prezzo finale del mezzo, soprattutto nel caso di macchine di dimensioni ridotte, poter usufruire di incentivi all’acquisto rappresenterebbe un grande aiuto soprattutto per le piccole aziende agricole e potrebbe favorire la diffusione dell’elettrico anche in questo segmento di mercato.
Inoltre, a conferma del fatto che la sostenibilità è parte del DNA del Gruppo BCS, anche nella nostra linea di prodotti a marchio Mosa destinati al settore industriale abbiamo introdotto di recente dei modelli elettrici e prevediamo nel breve periodo un ampliamento della gamma».
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Nell’ultimo periodo, accanto a una crescente attenzione per la riduzione dell’impatto ambientale, BCS ha manifestato anche un forte interesse per l’automazione che ha portato all’introduzione nella propria gamma dell’AI-Tractor nel quale l’intelligenza artificiale controlla numerose funzionalità del mezzo. Quali saranno i prossimi sviluppi?

ORION 85 AI-Tractor
«Nell’ultimo periodo abbiamo assistito a una larghissima diffusione dell’intelligenza artificiale, che fino a qualche anno fa era presente solo in alcune applicazioni molto specifiche, e questa estensione dei campi di impiego ha rappresentato senza dubbio un grandissimo vantaggio. BCS dal canto suo sta sperimentando nuovi sviluppi: qualcosa l’abbiamo vista già all’ultima edizione di EIMA, qualcosa è ancora in fase di progettazione ma sicuramente la sempre più massiccia presenza dell’IA sulle macchine permetterà di offrire maggiori funzionalità a beneficio dell’utilizzatore finale semplificandone e migliorandone il lavoro».
© Barbara Mengozzi
Fonte immagini: Gruppo BCS