Report Cema: il trattore non è un’automobile

News 01/02/2017 -
Report Cema: il trattore non è un’automobile

Andare a calare il quadro normativo che regola il settore dell’automotive in materia di emissioni ed ecosostenibilità nel contesto ben più ristretto e variegato della “farm machinery” è un comportamente privo di ogni logica nonché pericoloso perché rischia addirittura di compromettere la competitività dell’industria europea della meccanizzazione agricola.

Quest’ultima necessita infatti di un approccio specifico e lungimirante che le permetta di definire dei propri standard tecnici dando anche spazio all’autocertificazione.

È quanto sostiene Gilles Dryancour, presidente onorario del Cema – il comitato che rappresenta i produttori europei di macchine per l’agricoltura – dopo essere stato alla guida dell’associazione dal 2009 al 2014, nel recente studio “The Agricultural Machinery Market & Industry in Europe: An analysis of the most important structural trends & why EU regulation of the sector needs to change”.

 

L’ANDAMENTO CICLICO DEL MERCATO DELLE MACCHINE AGRICOLE NON È UN TREND STRUTTURALE

Una pubblicazione di particolare interesse nella quale le conclusioni che abbiamo anticipato sono sorrette da un’attenta disamina di alcuni degli elementi caratterizzanti della meccanizzazione agricola, in base alla quale l’autore arriva anche a smontare teorie radicate.

A partire da quella che considera l’andamento ciclico che caratterizza il mercato delle macchine agricole un trend strutturale determinato, come avviene per il settore agricolo, dall’andamento dei prezzi delle commodities. Questi ultimi, afferma Dryancour, essendo ciclici e volatili, non permettono di spiegare i cambiamenti strutturali a lungo termine intervenuti nella meccanizzazione agricola, come, ad esempio, la graduale sparizione dallo scenario industriale, con l’arrivo del 20° secolo, di una nutrita serie di famosi marchi di trattori quali Lanz, FAR, Ford, Citroën, Röhr, BMB, Steel Hoof, Merlin, Latil, SFV, Energique, tanto per citarne alcuni.

Più opportuno, dunque, considerare l’industria europea delle macchine agricole un’industria matura che, a partire dalla fase successiva alla seconda guerra mondiale, ha affrontato grosse sfide e cambiamenti adeguandosi via via ai nuovi scenari economici, demografici, normativi, sociali e tecnologici.

 

TRATTORI E AUTOMOBILI: UN CONFRONTO CHE NON REGGE

Ma veniamo all’accostamento frequentamente usato dagli analisti tra trattori e automobili. Due settori che, a detta di Dryancour, non sono in alcun modo paragonabili dal momento che, per quanto riguarda assetto strutturale e realtà commerciali, seguono dei trend diametralmente opposti. E vediamo i perché di questa affermazione.

Mentre l’industria europea delle macchine agricole ha dovuto fare i conti, già a partire dal Dopoguerra, con un progressivo restringersi della potenziale clientela (basti dire che se nel 1900 gli agricoltori rappresentavano circa la metà della popolazione europea negli anni Cinquanta  la loro quota percentuale era scesa al 30 per cento e, per venire ai nostri giorni, tra il 2005 e il 2013  il numero delle aziende agricole è andato diminuendo ad un tasso del 3,7 per cento annuo), l’urbanizzazione ha innescato invece una crescita esponenziale del mercato delle automobili, che ha subito un arresto solo per effetto della crisi finanziaria del 2008.

Parco auto (Pkw) e camion (Lkw) in Germania – in migliaia di unità

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Un esempio per tutti quello della Germania che dal 1950 al 2008 ha visto crescere il proprio parco autovetture da poche migliaia a 47 milioni di unità (nel grafico qui sopra).  Sempre in Germania, dal 1951 al 2013 le vendite di trattori sono scese da 100.000 a 34.611 unità (nel grafico qui sotto), e anche nel caso in cui si prenda in considerazione anziché il numero di unità la potenza complessiva espressa in kilowatt la flessione è evidente: 65.000 venduti in Germania nel 1970, per un totale di 2,2 milioni di kilowatt, contro i 24.000 trattori  del 2001, equivalenti a 1,8 milioni di kilowatt.

Vendite annue di trattori in Germania 1951-2013

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IL MERCATO DEI TRATTORI È SOLO L’1 PER CENTO DI QUELLO AUTOMOBILISTICO

A rendere insostenibile il raffronto c’è poi il fatto che il mercato dei trattori, in termini di grandezza, è solo l’1 per cento di quello automobilistico.

Volendo fornire qualche dato, l’industria delle macchine agricole vende nell’intera Unione europea a 28 Paesi quasi quattro volte meno trattori di quelli che l’industria automobilistica vende in Belgio, un paese con una superficie totale di 30.528 chilometri quadrati.

Andando ad esaminare la densità delle vendite delle due industrie in ambito Ue (quasi 4,5 milioni di chilometri quadrati complessivi ), l’industria automobilistica vende in media ogni anno 3,5 autovetture nuove per chilometro quadro, a fronte di circa 0,03 trattori.

Le dimensioni del mercato non sono però l’unico aspetto che differenzia fortemente l’industria dei trattori da quella delle auto. Diamo un’occhiata alla produzione. Il mercato delle autovetture è caratterizzato da volumi elevati e da una scarsa differenziazione dei modelli. La produzione annua di un singolo modello di autovettura si aggira intorno alle 200.000 unità: una cifra che supera il numero totale dei trattori attualmente venduti in Europa nell’arco di un intero anno (circa 170.000 unità).

 

BASSI VOLUMI DI VENDITE SI CONTRAPPONGONO A UN GRAN NUMERO DI MODELLI

Bassi volumi, dunque, per l’industria dei trattori che è caratterizzata, per contro, da una grande varietà di tipologie e modelli.

I trattori, inoltre, presentano una complessità molto più elevata rispetto alle automobili, considerando che un trattore “mid-spec” è composto da oltre 9.000 parti diverse, contro le 3.000 parti di un’autovettura standard quando invece l’industria delle macchine agricole è decisamente più piccola di quella dell’automotive.

E questo è un aspetto, fa presente Dryancour, che influenza la concorrenza nel settore delle macchine agricole. Per esempio, spiega come i piccoli produttori possano competere con successo con i principali player in alcuni segmenti, vale a dire in termini di categorie di potenza o di trattori specializzati.

Sempre a questo proposito, l’industria europea del trattore è senz’altro molto meno concentrata rispetto a quello automobilistica: sei grandi marchi (John Deere, Cnh, Agco, Claas, Sdf, Argo) si trovano a competere con molti piccoli produttori affermati, oltre che con dei nuovi arrivati (Kubota e Cina Farm), per un mercato fatto di piccoli volumi.

 

IN TRE GIORNI E MEZZO SI VENDONO TANTE MACCHINE QUANTI SONO I TRATTORI VENDUTI IN UN ANNO

Viceversa, nell’industria automobilistica 4-5 player importanti si ripartiscono un mercato nel quale ogni due secondi viene venduta una nuova vettura. In altre parole, l’industria automobilistica europea in 3 giorni e mezzo vende all’incirca tante macchine quanti sono i trattori venduti nell’arco di un intero anno solare.

 

TEMPI MOLTO LUNGHI PER LE CONVERSIONI

Analogamente, l’industria della meccanizzazione agricola rispetto a quella automobilistica ha bisogno di molto più tempo per uniformare la struttura delle macchine ai nuovi standard e protocolli. Per la parziale conversione di un trattore ci vogliono circa 10 anni, a fronte dei meno di 4 anni necessari per la totale conversione di un’autovettura compresi tutti i sottosistemi.

 

URGE UN’INVERSIONE DI MARCIA NELLE POLITICHE INDUSTRIALI COMUNITARIE

È alla luce di tutte queste considerazioni che Dryancour sostiene l’assoluta necessità di una vera e propria inversione di marcia nelle politiche industriali elaborate a livello comunitario per evitare che i costi eccessivi finiscano col mettere fuori mercato i produttori di macchine agricole del Vecchio Contiente lasciando ampio spazio ai gruppi industriali asiatici. Del resto qualche avvisaglia in questa direzione si sta già vedendo.

L’acquisizione nel gennaio 2016 dell’azienda italiana Goldoni da parte della cinese Lovol Heavy Industry può essere interpretata, secondo Dryancour, come l’effetto di una tendenza più generale che rende i costruttori europei di macchine agricole, continuamente alle prese con crisi di liquidità e difficoltà commerciali provocate dai sempre più cospicui investimenti in ricerca e sviluppo richiesti dalle sempre più stringenti normative Ue, facili prede di società cinesi e indiane alla conquista dei mercati occidentali.

 

COSTRUTTORI EUROPEI FACILI PREDE DEI GRANDI GRUPPI ASIATICI

Nei loro rispettivi mercati locali, si legge nel report, i costruttori asiatici non hanno la necessità di adeguarsi a rigorose normative antinquinamento e sono spesso protetti da barriere tecnico-commerciali. Possono inoltre rifornire un vasto numero di clienti. La compagnia indiana Mahindra, ad esempio, da sola produce più trattori (circa 226.000 unità nel 2014) di quanti ne assorba annualmente il mercato europeo (170.000).

Di conseguenza aziende come questa possono disporre di grandi quantità di denaro per fare investimenti ma anche per ammortizzare velocemente i costi necessari a rendere conformi i loro trattori alle legislazioni in vigore nei mercati in cui intendono sbarcare.

 

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Fonti immagini: Auto Bild TV (apertura), Fendt, Jcb, New Holland Agriculture, Sdf.