Il caro gasolio rischia di fermare i trattori nelle campagne

News 09/03/2022 -
Il caro gasolio rischia di fermare i trattori nelle campagne

Per lo scoppio della guerra e il balzo dei costi energetici l’agricoltura deve pagare una bolletta aggiuntiva di almeno 8 miliardi su base annua, rispetto all’anno precedente, che mette a rischio coltivazioni, allevamenti, e industria di trasformazione nazionale. È quanto emerge dall’analisi della Coldiretti sugli effetti del balzo dei prezzi di benzina e gasolio sotto la spinta dell’aumento del petrolio, che ha determinato anche, in controtendenza rispetto all’andamento generale, un  calo del valore aggiunto per l’agricoltura e la pesca del 2,1%.

Dall’inizio del conflitto – sottolinea la principale organizzazione sindacale agricola a livello nazionale – si è verificato un incremento medio di almeno un terzo dei costi produzione dell’agricoltura a causa degli effetti diretti ed indiretti delle quotazioni energetiche. Il caro gasolio rischia  di fermare i trattori nelle campagne, spegnere le serre di fiori e ortaggi e bloccare i pescherecci italiani nei porti, aumentando la dipendenza dall’estero per l’importazione di prodotti alimentari.

SOS RACCOLTI A CAUSA DEI RINCARI INSOSTENIBILI
caro gasolio

A Fieragricola di Verona la protesta dei giovani agricoltori della Coldiretti contro la guerra in Ucraina ma anche contro i rincari energetici spinti dal conflitto che stanno portando i costi di produzione nelle campagne ben oltre il livello della sostenibilità economica mettendo a rischio le aziende agricole.

Gli agricoltori, in particolare, sono costretti ad affrontare rincari insostenibili dei prezzi per il gasolio necessario per le lavorazioni dei campi, dalla preparazione del terreno alla semina, alla concimazione all’irrigazione. Rincari che, insieme a quelli di concimi (+170%, secondo le stime Coldiretti)) e mangimi (+50%), spingono quasi un imprenditore su tre (30%) a ridurre la produzione.

Senza dimenticare i costi per il riscaldamento delle serre per la produzione di ortaggi e fiori le serre, con la necessità di contenere i costi che rischia di far scomparire alcune delle produzioni più tipiche.

Ad acuire questa problematica – fa presente la Coldiretti – c’è il fatto che l’Italia è deficitaria su molti fronti per quando riguarda il cibo: produce appena il 36% del grano tenero che le serve, il 53% del mais, il 51% della carne bovina, il 56% del grano duro per la pasta, il 73% dell’orzo, il 63% della carne di maiale e i salumi, il 49% della carne di capra e pecora mentre per latte e formaggi si arriva all’84% di autoapprovvigionamento.

 

IL FALLIMENTO DELLA GLOBALIZZAZIONE SPINTA

L’Italia si trova a dover importare materie prime agricole a causa dei bassi compensi riconosciuti agli agricoltori che sono stati costretti a ridurre di quasi un terzo la produzione nazionale di mais negli ultimi 10 anni, durante i quali è scomparso anche un campo di grano su cinque con la perdita di quasi mezzo milione di ettari coltivati perché la politica ha lasciato campo libero a quelle industrie che per miopia hanno preferito continuare ad acquistare per anni in modo speculativo sul mercato mondiale, approfittando dei bassi prezzi degli ultimi decenni.

SERVONO INTERVENTI URGENTI PER RECUPERARE L’AUTOSUFFICIENZA

«La pandemia prima e la guerra poi hanno dimostrato che la globalizzazione spinta ha fallito e servono interventi urgenti e scelte strutturali per rendere l’Europa e l’Italia autosufficienti dal punto di vista degli approvvigionamenti di cibo», ha spiegato il presidente della Coldiretti Ettore Prandini in occasione dell’incontro con il ministro per le Politiche Agricole Stefano Patuanelli illustrando il documento elaborato dall’organizzazione per fronteggiare l’emergenza economica ed occupazionale determinata dallo scoppio del conflitto.

La stessa politica agricola, sia la PAC sia il PNRR, a detta di Prandini, oggi sembrano già inadeguati a rispondere alle esigenze del tempo nuovo che stiamo vivendo e vanno modificati eliminando ad esempio l’obiettivo del 10% di terreni incolti previsto nella strategia biodiversità.

«Si tratta di agire subito – ha affermato – facendo di tutto per non far chiudere le aziende agricole e gli allevamenti sopravvissuti con lo sblocco di 1,2 miliardi per i contratti di filiera già stanziati nel PNRR, ma anche incentivando le operazioni di ristrutturazione e rinegoziazione del debito delle imprese agricole a 25 anni attraverso l’Ismea, riducendo le percentuali IVA per sostenere i consumi alimentari, prevedendo nuovi sostegni urgenti per filiere più in crisi a causa del conflitto e del caro energia e fermando le speculazioni sui prezzi pagati degli agricoltori con un efficace applicazione del decreto sulle pratiche sleali».

 

 
Fonte: Coldiretti
 

 

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